Le violenze perpetuate. L’angoscia, la paura, la difficile presa di coscienza e la denuncia. Ma tutto questo non basta.
Quindi, cosa non funziona nel nostro ordinamento? Continuiamo ad urlare che c’è qualcosa che non va. Ci dicono che esageriamo ma il giorno dopo la cronaca ci dà ragione. Che cosa succede dopo la denuncia?
Noemi aveva sedici anni. Sua madre aveva denunciato il fidanzatino della figlia che era violento e aveva subito in passato ben tre TSO. Nulla è stato fatto. Noemi è stata trovata in un prato. Nella campagna non troppo lontana dalla casa in cui viveva con la sua famiglia. Lucio le ha fracassato la testa a sassate e poi ha nascosto il corpo sotto un cumulo di pietre. Sì, Lucio. Lo stesso ragazzo che un tempo diceva di amarla.
Nicolina di anni ne aveva quindici. Era figlia di una donna che aveva più volte denunciato il suo convivente e, prima di entrare a far parte di un programma di protezione, aveva manifestato alle forze dell’ordine i suoi timori per l’incolumità della sua bambina. Bambina, perché a quindici anni si è ancora bambine agli occhi della propria madre. Una madre che, dopo la morte della figlia viene giudicata con crudeltà dall’agguerrito e giudicante popolo dei social. Antonio Di Paola ha sparato in volto a Nicolina. Sì, Antonio. L’uomo che un tempo diceva di voler entrare a far parte della loro famiglia. Quello che diceva che l’avrebbe amata come una figlia. L’ha uccisa perché lei non gli ha svelato in quale località protetta si trovava la sua mamma. Succede. La mia esperienza mi riporta alla mente un uomo che parlava al suo bimbo in sardo per non farci comprendere le sue parole durante gli incontri protetti. Era l’unico modo che aveva per scoprire dove avevamo nascosto madre e bambino.
Noemi e Nicolina sono morte in un giorno di settembre. Nel mese che per tanti loro coetanei segna un nuovo inizio. Nel mese in cui si ritorna sui banchi di scuola e si racconta la propria estate ai compagni. Un estate che per loro mai più sarà.
Pochi giorni fa il capo della polizia Franco Gabrielli ci ha fornito i numeri che ci raccontano la violenza domestica nel nostro paese.
Abbiamo scoperto che, nel quinquennio che va dal 2011 al 2016, le denuncia di maltrattamenti sono aumentate del 33%. Io stessa, da operatrice di un centro che si occupa di violenza di genere, posso confermare che le donne che si rivolgono a noi sono aumentate . Questo non significa esclusivamente che c’è stato un incremento delle situazioni di violenza ma anche che le donne hanno finalmente acquisito una maggiore consapevolezza, incominciano a parlarne e intravedono delle soluzioni.
Mi piacerebbe che, ai fogli di carta bollata che riempiono i faldoni nei tribunali, succedessero i fatti. Vorrei la sicurezza per tutte le donne che decidono di intraprendere questo tipo di percorso perché, paradossalmente, è proprio quello il momento in cui loro sono più vulnerabili.
La denuncia è un passo importante. Una presa di consapevolezza forte e non ci si può permettere di disattendere le aspettative delle vittime.
La madre di Noemi aveva denunciato un ragazzo che aveva problemi con la droga e aveva subito tre trattamenti sanitari obbligatori. La mamma di Nicolina aveva denunciato il suo compagno per maltrattamenti e lui le ha barbaramente ucciso la figlia.
Sicuramente queste denunce verranno rivalutate, adesso.
Ora che Noemi e Nicolina sono morte. Ora che, per le loro mamme, questa è l’unica cosa che conta.